L’APPOGGIO DEL PIEDE – Massini Fulvio

I piedi sono la parte del corpo che entra in contatto con il terreno su cui ci muoviamo. Hanno funzioni diverse tra cui sostenere il corpo quando siamo in stazione eretta, spostarlo in tutte le direzioni durante le fasi di cammino, accelerare il nostro corpo nello spazio tramite l’utilizzo delle componenti elastiche presenti a livello dell’arco plantare durante le fasi di corsa e di salto.

Quando camminiamo, l’appoggio del tallone determina un impatto che va dall’80 al 100% del peso corporeo, quando corriamo, l’impatto del piede col terreno è da 3 a 5 volte superiore a quello che abbiamo camminando (secondo la natura del terreno, la velocità della corsa e il nostro peso) e per questo motivo correre è più traumatico. Per minimizzare quindi gli effetti negativi dell’impatto con il suolo possiamo intervenire in due modi: migliorare la tecnica di appoggio e quindi di corsa, utilizzare calzature adeguate per il proprio piede, per il proprio peso corporeo e adeguate al tipo di distanza che si corre.

Diversi studi confermano che circa il 70% dei podisti appoggia il piede di tallone e il 30% di mesopiede o avampiede. Indipendentemente che essi siano amatori o atleti di alto livello, è fuori di dubbio che l’appoggio di tallone in fase di corsa risulta più traumatico per le strutture articolari sovrastanti rispetto a un impatto col terreno con tutto il piede. Possiamo quindi dire che l’appoggio ideale del piede durante la corsa si suddivide in tre fasi: fase di appoggio, fase di spinta e fase di volo.

La fase di appoggio è il momento in cui si ammortizza il peso del corpo. Il piede si appoggia al suolo con la parte laterale della pianta per poi scaricare tutto il peso del corpo sul tutto l’arto inferiore. In questa fase i muscoli si contraggono eccentricamente e si caricano di energia elastica. Il 30% dell’energia elastica è accumulata nelle strutture elastiche dell’arco plantare. In assenza di recupero di energia elastica atleti di élite correrebbero i 10000 a 8 km/h e i 200m a 13 km/h. Oggi i 10km vengono corsi a 23 km/h e i 200 a 38 km/h.

Il punto di appoggio potrà essere leggermente più avanti se la velocità è elevata o leggermente più arretrato se è più bassa. Per evitare di avanzare di tallone il piede deve sempre trovarsi sotto una linea immaginaria che attraversa spalla, anca e ginocchio.

Durante la fase di spinta il piede si trova dietro il baricentro; i muscoli sfruttano la loro forza di tipo elastico per proiettare in avanti il corpo, in questo momento l’energia elastica accumulata durante la fase di appoggio viene restituita ai muscoli attraverso la loro contrazione concentrica. La fase di spinta comincia con i muscoli del bacino, continua con i muscoli della gamba e termina con i muscoli del piede. Il dispendio energetico metabolico comincia proprio in questa fase e varia secondo le pendenze e i tipi di terreno. In salita il costo energetico aumenta con l’incremento della pendenza, in discesa diminuisce fino a pendenze del 15%, oltre aumenta. Sulla sabbia aumenta del 50% rispetto al terreno compatto. Sull’erba la spesa energetica cresce del 20% rispetto alla corsa su strada.

Terminata la fase di spinta, l’arto inferiore fa un’oscillazione da dietro verso avanti permettendo l’avanzamento. A basse velocità il tempo di volo e il tempo di appoggio sono molto simili, con l’aumento della velocità si riducono sia la fase di volo sia il tempo di contatto col suolo.

Fatte queste considerazioni sull’appoggio del piede durante la corsa, viene spontaneo pensare che se il gesto è ripetuto all’infinito in modo scorretto il rischio d’infortunio è altissimo, ma è anche vero che per attuare dei cambiamenti importanti della propria tecnica di corsa necessitano tempi di adattamento piuttosto lunghi affinché il cambiamento non sia a sua volta fonte di stress articolare e muscolare. Il consiglio rimane sempre quello di affidarsi a degli esperti del settore per correre in totale sicurezza e soprattutto per stare bene e divertirsi.

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