Con la moderna tecnologia, ogni podista che dispone di uno strumento specifico da polso può vedere il parametro del massimo consumo di ossigeno (VO2max). Un orologio non è più solo un dispositivo che rileva il tempo, ma ci sono vari sensori in grado di fornire molti dati utili. Tra questi appunto il VO2max. Ovviamente si tratta di una stima, perché è necessario fare un’indagine specifica, eseguita di solito in laboratorio (anche se ci sono dei dispositivi portatili che si possono usare correndo in pista) perché serve un rilevatore che analizza il rapporto tra ossigeno respirato e anidride carbonica espulsa, per rilevare con precisione il consumo di ossigeno.
Il dato che appare sul display dell’orologio è quindi una stima, peraltro piuttosto attendibile (non perfetta, ovviamente), che si genera da cinque operazioni di calcolo. Basta quindi che cambi anche di poco uno dei fattori (che sono almeno dieci, ma possono essere di più, dipende dall’algoritmo usato dall’azienda produttrice) per determinare una variazione del parametro del VO2max.
Ad ogni modo, un alto parametro di VO2max è segno di buona efficienza, anche se non è fondamentale quando viene correlato alle prestazioni di resistenza come la maratona e la mezza maratona. In letteratura sono riportati casi di corridori di alto livello di rendimento che hanno conseguito prestazioni cronometriche assolute che avevano valori bassi (quasi da amatori) del VO2max.