La gara dal punto di vista dell’allenatore

Il risultato agonistico di un podista che alleno, per me preparatore, è un numero che ingloba numerose informazioni.
Come prima cosa, il tempo conseguito in competizione è un dato che va confrontato con il potenziale dell’atleta, e da qui la prestazione conseguita deve essere al livello delle proprie capacità. Quando previsione cronometrica e rendimento collimano, si tratta di un successo perché il corridore è riuscito a esprimere il meglio di sé. A questo punto inizia un nuovo percorso tecnico, nel quale si ricercano gli elementi specifici che, adeguatamente organizzati, portano a esprimere un più alto livello prestazionale.
Quando invece previsione e tempo conseguito sono disallineati, il numero che esprime il rendimento del podista deve essere “smontato” e analizzato. Il tempo conseguito dall’atleta in gara altro non è che la sommatoria di vari elementi fisici e tecnici. Alla prestazione contribuiscono appunto le caratteristiche fisiche del podista, come la corporatura, il metabolismo energetico (fibre muscolari) e quindi l’efficienza biomeccanica.
Sul piano tecnico, come allenatore, devo invece capire quale sia l’anello debole. Passo alla revisione del livello di resistenza aerobica, della capacità aerobica, della velocità della soglia anaerobica espressa, fino a valutare il massimo consumo di ossigeno e la forza muscolare specifica.
Riportate in questo modo le componenti di un risultato cronometrico sembrano essere facili da indagare e si può agevolmente identificare il punto debole. Agire per rinforzarlo è quindi un processo semplice, ed è unicamente una questione di tempo, perché in qualche settimana (4-8 circa) si arriva a rafforzare in maniera rilevante l’aspetto fisiologico vulnerabile.
Quanto sulla carta – a livello progettuale – appare semplice da attuare, spesso si trasforma però in un’operazione complicata perché condizionata da elementi di disturbo che concorrono ad alterare la programmazione. Spesso sono allenamenti annullati, oppure gare impreviste ed estemporanee inserite nella programmazione, che non danno stimoli fisiologici specifici alla direzione tecnica che si sta seguendo, e che interferiscono quindi sul processo di crescita tecnica.
In numerose occasioni poi, il potenziale tecnico di un podista non viene espresso per incapacità gestionale dello sforzo. Quante volte si è vittima della propria esuberanza agonistica, finendo per correre una gara diversa da come la si era programmata?

A volte ciò può andare anche bene, perché si è stimolati a dare fondo ad energie che si pensava di non avere. Altre volte invece, un paio i chilometri corsi “fuori soglia” (ad intensità ben superiore a quella potenzialmente gestibile), porta a dissipare le energie e non concretizzare quanto si era progettato.
Spesso una gara non rivela solo quanto velocemente posso correre, ma anche molto di “quello che sono”.

orlando

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